Il violoncello di Barbara con i canti di montagna

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Corriere del Trentino – 03/2020

Esce il nuovo lavoro dell’artista trentina Bertoldi «Se fossi una rondinella» Recupera e rende moderne le melodie delle Dolomiti: memoria e racconto

In scena Barbara Bertoldi, musicista trentina e docente, tra musica e racconto

Un album per celebrare la tradizione dei canti di montagna, ma in veste insolita e moderna. Barbara Bertoldi, violoncellista trentina, insegnante e artista estrosa che sul palco mescola musica e racconto, ha da poco pubblicato la sua seconda fatica discografica dal titolo Se fossi una rondinella.

Come nasce l’idea di questo disco?

«Nasce dalla memoria e dal tempo – rivela Barbara Bertoldi -. A Natale 2018 ho avuto l’occasione di assistere a un bellissimo concerto del Coro Valsella e di parlare del valore della memoria con amici musicisti, tra cui Piera Gasperi che si occupa di musica popolare alpina come presentatrice del coro e che ha studiato l’origine storica dei canti, analizzando l’ambiente di provenienza dei testi e delle melodie, con una particolare attenzione al lessico e al periodo storico di pertinenza. Questo si è legato a una mia antica passione. La mia prima formazione musicale è stata quella indiretta dei miei fratelli più grandi che ascoltavano le musicassette della Sat. In casa mia siamo tutti trentini e montanari, quindi quel repertorio di canti tradizionali l’ho sempre sentito un po’ mio. Ho deciso di tentare un esperimento: unire i canti di montagna con il violoncello».

Che strada ha seguito?

«A differenza del mio primo album, in cui tutte le composizioni erano mie, ho capito che per affrontare il repertorio dei canti di montagna sarebbe stato più bello e significativo chiamare a collaborare altri artisti. Sono nate così le armonizzazioni di Armando Franceschini, Eddy Serafini, Erika Eccli, Nikos Betti e Marco Uvietta. Ne è uscito un lavoro godibilissimo, in cui la mia voce e il suono del violoncello si accostano bene. Purtroppo l’album, pubblicato da Velut Luna e acquistabile online sul sito della casa discografica, è uscito il 25 febbraio, in piena emergenza coronavirus. Le presentazioni avrebbero dovuto essere a cura di Piera Gasperi, per realizzare un vero e proprio spettacolo musicale e informativo. Siamo riusciti a fare una sola presentazione vera e propria, all’Athena di Pergine».

Pur nel breve tempo in cui ha potuto presentarlo, che riscontro ha avuto?

«Quello che volevo trasmettere era un lato gioioso della mia infanzia musicale, un background musicale che ricordo sempre con piacere. Da un lato avevo la responsabilità di maneggiare una tradizione culturale particolarmente significativa, ma dall’altro le tradizioni popolari lasciano anche molta libertà. Mi sembra che questo messaggio sia passato. Ho ricevuto complimenti non solo da persone anziane ma anche da giovani, studenti che mi hanno ringraziato per aver dato nuova veste ai canti dei loro nonni».

In tempi difficili come questi la musica può dare speranza?

«Senza dubbio. Così il titolo stesso dell’album Se fossi una rondinella assume nuovi significati. Quando l’ho ideato era un volo dedicato ai miei genitori, alla riscoperta dei valori del passato. Quando si ripensa a qualcosa di bello e buono è facile che si faccia qualcosa per gli altri. Storicamente il canto nasce come inno d’amore di un giovane che vuole andare a casa per riabbracciare la sua bella. Per questo in guerra è stato riutilizzato come inno di chi vorrebbe elevarsi dal disastro. Un desiderio che possiamo esprimere anche noi oggi».

Chiara Marsilli